INGAGGIO: PREMESSA O RISULTATO?
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INGAGGIO: PREMESSA O RISULTATO?

 

INGAGGIO: PREMESSA O RISULTATO?

Figura da foto modificata di Micha in Pixabay

L’articolo di oggi chiude la miniserie di tre articoli da noi pubblicati fra giugno e settembre 2023 (i precedenti sono reperibili qui, nella sezione BLOG del sito di People Art: https://www.peopleart.it/it/menu-5/blog.html ed inoltre su: https://lnkd.in/dM4mZsqH e https://lnkd.in/dhTxGQx7 ).

La mini serie aveva lo scopo di condividere nel modo più ampio che ci è possibile le conclusioni preliminari che abbiamo tratto nel corso di una iniziativa, che in yourHR abbiamo chiamato forse un po’ troppo ambiziosamente “HR Lab”.

HR Lab è nato da un lato per indagare/ analizzare lo scenario d’impresa in cui opera oggi la funzione HR e dall’altro per riflettere su come può evolvere il ruolo dei professionisti HR in azienda. Fornendo a riguardo anche alcuni strumenti concettuali, del resto di uso pubblico anche se forse fin troppo dimenticati, o letti in modo troppo scolastico, o non ancora calati sulla operatività quotidiana. Come ad esempio: people strategy, analisi di scenario, nuova piramide dei bisogni, modelli di maturità.

La macro conclusione, del tutto preliminare, che abbiamo colto in questa fase iniziale del nostro lavoro, è duplice:

  • Che le PMI dei nostri territori sperimentano, salvo eccezioni, una difficoltà crescente nel gestire l’impatto che sulla loro operatività comporta:

           (i)  l’emergere dei nuovi bisogni da parte di candidati e collaboratori;

           (ii) il convergere di questi nuovi bisogni con una crescente sensibilità ambientale.

           In particolare gli impatti sui processi di gestione del personale e sullo stile di leadership, quindi lo stile di relazione impresa-collaboratori/ candidati;

  • Proprio questa difficoltà crescente, dovuta in qualche caso anche a deficit informativi oltre che a fattori culturali, apre uno spazio enorme per l’iniziativa dei professionisti HR e per il loro ruolo di supporto alle decisioni manageriali delle imprese sul sistema delle relazioni del lavoro. Uno spazio di manovra certo non facile, in cui l’importanza della competenza tecnica si affianca a quello della intelligenza sociale e della leadership necessarie per influenzare e persistere in un percorso di miglioramento. Certo non privo di rischi ed errori, e che pone ad ogni professionista HR un obbligo di de-cisione, prima che di aggiornamento professionale, innanzi tutto sul tipo di leadership con cui vuole caratterizzare la propria opera professionale in aziendale. Solo a queste condizioni il ruolo HR potrà avere un significato anche sociale, e sulla effettiva sostenibilità sociale di una organizzazione. Insomma, si tratta di passare da un ruolo di puro tecnocrate, gestore funzionale indifferentemente a qualunque tipo di “logica/ etica di business”, ad un ruolo che si fa carico di stimolare ed accompagnare le organizzazioni in un percorso di evoluzione in atto da tempo nel resto della società.


1. Ingaggio: premessa o risultato?

L’Ingaggio sugli obiettivi ed i progetti di una organizzazione è quello stato, anche emotivo, di identificazione coi suoi scopi sino al punto di non lesinare sforzi e contributi personali per favorirne il raggiungimento. E’ lo stato che molti manager ed imprenditori si aspettano che i loro collaboratori mostrino quotidianamente. Per esempio attraverso la disponibilità a fare autonomamente quanto e quando “è necessario” di volta in volta, con o senza indicazioni altrui.

Intervistati sul tipo di collaboratori desiderati, il “sentirsi ingaggiati” è citato da manager/ imprenditori come una capacità fra le altre. Quindi ci si aspetta che sia un comportamento messo in atto spontaneamente, in quanto appunto posseduto a priori, indipendentemente dal contesto in cui si opera. Un saper fare da mettere in atto col semplice esercizio della volontà. Come saper scrivere il codice di una app una volta che se ne conosca un linguaggio di programmazione.

Tuttavia, vedendo i risultati presentati durante due convegni sui temi del Lavoro tenutisi lo scorso maggio (a) questa aspettativa di manager e imprenditori appare di frequente delusa.

Anche sulla base di quanto emerso in quei due convegni, l’articolo vuole iniziare ad approfondire (I) se è vero che l’essere ingaggiati è una capacità esercitabile sulla base della sola volontà; qualora non fosse così (II) quali sono i fattori che influenzano il livello di ingaggio di una persona ed infine (III) se lo stato di questi fattori nelle organizzazioni spiega come mai l’Ingaggio risulta molto più basso delle aspettative.

 

(a) Convegno Nobilita 2023 a Roma, organizzato da Fiordirisorse e dalla testata Senzafiltro, ed il convegno HR Innovation Practice a Milano, organizzato dagli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Poli MI (vedere anche l’articolo: https://www.peoplechange360.it/people-strategy/ossservatorio-hr-2023-lavoratori-italiani-a-caccia-di-soddisfazione-equilibrio-benessere/).

 

2. L’ingaggio è il risultato di un percorso

Per capire cosa sia l’ingaggio, a nostro parere si può partire da uno dei modelli presentati durante l’HR Innovation Practice dal Prof. M.Corso: la revisione aggiornata ad oggi della Piramide dei Bisogni di Maslow/ Herzberg, qui rappresentata in Figura 1.

Partendo dal basso, i primi cinque livelli sono considerati “Igienici” ovvero:

  • se non sono soddisfatti in modo adeguato, generano insoddisfazione ed alla lunga demotivazione, con due possibili conseguenze: da un lato (i) il Quiet Quitting (b), dall’altro (ii) la ricerca attiva di un altro lavoro e le dimissioni;
  • se viceversa vengono soddisfatti, non sono tuttavia in grado di incrementare la motivazione e l’ingaggio. Al limite mantengono il livello di attitudine all’ingaggio intrinseco del collaboratore, senza degradarlo.

 

(b) La definizione che viene data di Quiet Quitting nell’articolo citato nella nota (a) è: “Persone che non lasciano l’organizzazione, ma decidono di fare il meno possibile”.

 

Figura 1 – La nuova Piramide dei Bisogni

 

Viceversa, i fattori che se soddisfatti contribuiscono attivamente all’incremento del livello di Ingaggio dei collaboratori sono i tre più in alto:

  • Soddisfazione del lavoro, attraverso il continuo monitoraggio delle possibilità/ necessità di miglioramento e l’attuazione di azioni specifiche;
  • Committment verso l’organizzazione, ottenibile dando un senso al contributo che ognuno da e può dare per il successo dell’organizzazione;
  • Ingaggio, promuovendo in ogni modo possibile il contributo originale dei collaboratori a miglioramento/ innovazione e riconoscendo sia gli sforzi che i risultati in tale direzione.

Quindi, l’Ingaggio che manager/ imprenditori cercano non è solo una caratteristica, o una capacità, intrinseca ad alcuni collaboratori e candidati.

Sicuramente nelle persone l’attitudine, il desiderio, di collaborare con una organizzazione “sentendosi ingaggiati”, volendo contribuire al meglio delle proprie capacità e con modalità anche creative o innovative è distribuita in maniera diseguale. In parte, con un processo adeguato di selezione, può anche essere possibile individuare chi ne è più dotato.

Tuttavia, una volta entrati in una organizzazione, il mantenimento di questa motivazione e soprattutto il suo concretizzarsi in comportamenti, reali ed efficaci, è piuttosto il risultato di un percorso di organizzazione & collaboratore, con modalità più o meno implicite/ esplicite, in cui viene continuamente scambiato valore durante tutto il corso della relazione di lavoro.

Da cosa sia costituito questo scambio emerge scorrendo i vari livelli della Nuova Piramide dei Bisogni:

  • giusto riconoscimento, sulla base dei bisogni oggettivi di una “vita degna”, per se ed i propri famigliari nel contesto sociale in cui si opera, versus il livello di prestazione fornito all’organizzazione;
  • flessibilità bilaterale del tempo di lavoro e quindi attenzione all’equilibrio vita-lavoro, vs maggiori condizioni di efficienza ed efficacia del lavoro, individuale e di team, generate anche da un clima interno sereno e percepito come attento anche alla persona;
  • supporti al benessere dei collaboratori e delle loro famiglie vs costanza del livello di prestazione/ contributo, grazie alla riduzione drastica delle condizioni di stress eccessivo, se non addirittura di fattori nocivi per sicurezza e salute;
  • inclusione e valorizzazione del potenziale di contributo di ciascuno vs volontà beneficiare di contributi originali al miglioramento ed alla innovazione, al di fuori degli schemi usuali di pensiero ed operativi difficilmente capaci di apportare novità;
  • sviluppo professionale ed employability vs crescita progressiva del livello di prestazione e della rilevanza dei contributi di miglioramenti/ innovazione forniti, grazie a competenze nuove o aggiornate rispetto ai bisogni ed alle sfide per l’organizzazione;
  • monitoraggio continuo della soddisfazione ed azioni di miglioramento, vs la fidelizzazione dei collaboratori ed il loro contributo attivo alla reputazione ed alla attrattività dell’organizzazione;
  • supporto al dare un senso al lavoro svolto vs l’aumento dell’attaccamento anche emotivo verso l’organizzazione, con conseguente incremento della passione e dell’impegno nello svolgere il proprio lavoro;
  • facilitazione e promozione al massimo grado delle opportunità di poter contribuire allo sviluppo dell’organizzazione da parte dei collaboratori per affrontare le continue nuove sfide, e riconoscimento proporzionale sia degli sforzi che dei risultati in tale direzione, non sempre di breve termine come ciò che viene apprezzato con la valutazione annuale.

 

3. Idee per un possibile percorso di crescita dell’ingaggio

Come rappresentato dai percorsi verdi in Figura 1, le Modalità (c) i Contenuti (vedi più sotto) e la Qualità (d) dei processi di gestione del personale, compreso lo stile di Leadership a tutti i livelli e fra pari, sono i generatori delle condizioni per soddisfare i bisogni propri di ogni gradino della piramide, bisogni sinteticamente descritti nei punti elelcati nel paragrafo precedente assieme ad un esempio dei benefici che ne derivano per le organizzazioni.

Ogni gradino costituisce una sezione del pilastro su cui si poggiano le successive: la debolezza di una sezione mina la consistenza di tutta la parte superiore del pilastro. Non curare la robustezza di una sezione equivale a prendersi dei rischi sulla tenuta del sistema di People Management, in particolare nei momenti di tensione (interni o indotti dal mercato, o dalla società).

I Contenuti che sono propri di ogni gradino della Piramide dei Bisogni, a nostro parere possono a loro volta essere articolati in quattro stadi di maturità. Ognuno caratteristico del grado di maturità di una organizzazione: nel (i) sapere/ volere soddisfare i bisogni propri di quel gradino della piramide e nel (ii) essere capace di fare quanto necessario per ottenere il livello di ingaggio che desidera.

Ad ogni grado di maturità, generalmente l’azienda otterrà un livello di ingaggio speculare a quello che lei stessa dimostra nei confronti dei collaboratori. Pretenderne uno superiore sarà intrinsecamente velleitario.

Gradi di Maturità di una Organizzazione nel sapere/ volere realizzare le condizioni necessarie all’ottenimento del livello di ingaggio desiderato

Immaturità – non rispetta in modo sostanziale leggi e contratti. Con questo approccio, l’organizzazione genera dei danni ai propri collaboratori per trarne un vantaggio diretto (e).

Nota: è molto probabile che questa “cultura gestionale” si estenda ad altri ambiti operativi, che riguardano altri stakeholder o l’ambiente. La medesima considerazione vale anche per gli altri stadi a seguire: la cultura gestionale è sempre dettata dai valori di fondo di una organizzazione. Valori che improntano l’agire in ogni ambito.

 

Responsabilità – rispetta leggi e contratti, mentre si astiene dall’applicare le norme che le permetterebbero di aumentare il profitto creando al contempo come conseguenza un serio danno ai collaboratori.

 

Proattività– oltre a rispettare in modo sostanziale norme e contratti (stadio precedente), l’organizzazione va oltre un approccio di pura conformità quando la riscontra inadeguata a soddisfare i bisogni oggettivi dei collaboratori nel contesto in cui operano.

Esempio - Un caso tipico è quello di aziende che migliorano i livelli retributivi e la flessibilità della prestazione (in tempo e luogo del lavoro) per supportare il più possibile il raggiungimento da parte dei collaboratori di uno “standard di vita degna” (f), in una data area geografica e momento storico. Considerandone ad esempio i costi e la qualità effettiva della mobilità, degli affitti e di altri elementi di sussistenza.

 

Eccellenza – l’organizzazione va oltre la soddisfazione dei bisogni oggettivi dei collaboratori. In altri termini va oltre i criteri guida che delineano una condizione di “vita degna” (f) e si pone anche obiettivi di ricaduta sociale positiva. dalle proprie attività di gestione del personale. sulle comunità in cui opera.

Ad esempio, promuovendo e riconoscendo la testimonianza e l’opera civile dei collaboratori, individuale e collettiva, quando incarnano anche al di fuori dell’azienda l’etica ed i valori che sono richiesti nelle attività di lavoro. Oppure collaborando con gli enti formativi del territorio fornendo testimonianze, know how, opportunità: di studio, crescita umana oltre che professionale e lavoro.

 

Il professionista HR può elaborare una proposta di percorso progressivo di miglioramento, basato su un assessment dello stato attuale dell’organizzazione, secondo i quattro gradi di maturità per ogni livello della Piramide. La proposta si può articolare su due direttrici:

  • Ipotesi di un percorso graduale dai livelli più bassi, in termini di concrete attività di miglioramento. Inizialmente ponendo come obiettivo il raggiungimento del secondo grado di maturità (Basic) almeno per i primi cinque livelli “igienici”;
  • Traduzione di questo percorso in altrettanti elementi di una People Strategy (vedi il primo articolo di questa serie) che, lo ricordiamo, è lo strumento di governo della azienda con cui: “definire, rispettare e far rispettare il sistema di relazioni coi propri collaboratori” e che assume la quasi valenza di un “contratto” fra azienda e collaboratori per i reciproci obiettivi di supporto/ attenzione ed ingaggio.


 

(c) Sulla base di numerosi studi e pratiche applicazioni, anche negli ambiti e contesti più differenti, è oramai dimostrato che le modalità più efficaci di gestione del personale, almeno in contesti culturali europei ed anglosassoni, hanno numerose caratteristiche comuni, fra cui: sviluppo del potenziale di ognuno; incentivo alla collaborazione ed al risultato complessivo invece che alla competizione ed al risultato del singolo; coinvolgimento in attività e processi decisionali; ampia e libera circolazione di informazioni; delega; responsabilizzazione ed autonomia nel proprio ambito di attività; feedback costruttivo e rivolto al futuro; monitoraggio sui risultati; promozione e riconoscimento del miglioramento continuo e dell’innovazione; riesame periodico della adeguatezza di approcci, processi, organizzazione, procedure. Caratteristiche che a loro volta delineano come si presenta un “adeguato Stile di Leadership”, il cui scopo preminente è quello di lavorare allo sviluppo ed alla operazionalizzazione delle capacità potenziali del fattore umano di cui è dotato una organizzazione.

(d) Qui definiamo Qualità di un processo di gestione del personale il rispetto dei seguenti criteri: adeguatezza degli approcci con cui il processo è progettato rispetto al suo scopo; chiarezza degli obiettivi che intende far perseguire; diffusione e sistematicità nella sua applicazione; misura dei suoi risultati rispetto a: obiettivi stabiliti, trend attesi nel tempo, benchmark esterni rilevanti; riesame periodico della sua efficacia.

(e) Esempi di non conformità di questo tipo, che generano un danno ai collaboratori, possono essere: mancato riconoscimento degli straordinari (nr di ore e/o relative maggiorazioni); utilizzo non volontario di orari parti time e peggio ancora se con integrazioni di orario frazionate; mancato riconoscimento del diritto a fruire di ferie e permessi; utilizzo sistematico di linguaggi, minacce ed altre forme di pressioni indebite per forzare la volontà dei collaboratori minandone dignità, integrità ed identità; ecc.

(f) Il concetto di “vita degna” in effetti va meglio definito in termini di criteri guida. Nel caso dei temi sociali del lavoro, ad esempio attraverso un processo che auspichiamo abbia avvio da una concertazione fra le parti sociali a livello nazionale. Quindi col concorso governativo, in quanto i criteri guida individuati necessariamente debbono essere condivisi anche dalla politica in caso di azione legislativa sui temi sociali.

 

Autori: Domenico Famà ed Ilaria Serra, Partners di PEOPLE ART