FORMAZIONE EFFICACE?
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FORMAZIONE EFFICACE?

Perché la formazione sulle “aree soft” non funziona?

(Gennaio 2018)

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Quando si parla di formazione sulle “aree soft” (sorvoliamo sull’estrema imprecisione del termine), si pensa alla formazione per lo sviluppo di alcune capacità, cioè di alcuni comportamenti (ad esempio nel campo della “leadership” oppure del “lavorare in team”).

Il tipico intervento di formazione (da  1 a 3 giorni) si articola in alcuni momenti abbastanza prevedibili di trasferimento dei contenuti, dal docente all’aula:

  • Perché – la ragione per cui si fa l’intervento, di solito con riferimenti ad esigenze aziendali e a “trend presenti nell’ambiente competitivo” dell’organizzazione;
  • Teoria – riferimenti teorici piuttosto sintetici, su cui si basano i contenuti proposti (per quei pochi che al termine saranno interessati ad approfondire);
  • Metodo – un metodo suggerito, da seguire nella pratica quotidiana, attraverso il solito percorso di prova-errore-adattamento, sino ad acquisire le capacità auspicate;
  • Strumenti – che facilitano nel seguire il metodo, così come dei sassolini nel seguire un sentiero;
  • Esercitazioni – di gruppo o individuali, per una prima esperienza nell’uso di alcuni degli strumenti.

Sebbene vi siano approcci molto più efficaci per l’apprendimento rispetto a quello tradizionale (es.: Action Learning o Laboratori di Capacità), i presenti in aula dovrebbero avere tutti i riferimenti per calare nella pratica metodo/ strumenti appresi e, nell’arco di alcuni mesi (diciamo 2-3 ?), trasformarli in comportamenti.

Ma quasi sempre, questo non succede. Come mai?

Elencherò alcuni degli ostacoli che rendono inefficace il trasferimento da formazione a comportamenti quotidiani. In parallelo, esploro alcune delle condizioni da assicurare per non arenarsi su quegli ostacoli.


1. Cosa non funziona?

  • Il tempo non lavorato aumenta i costi. Fare produce, pensare no
  • Abbiamo sempre fatto così  per esperienza, mica da una teoria.
  • Si collabora, ma ho i miei obiettivi e per raggiungerli so già come si deve fare (vedere il punto precedente).
  • Ognuno ha il proprio ruolo, non sta a me dire agli altri come possiamo lavorare assieme in modo differente


2. Spunti perché la formazione "soft" produca effetti di cambiamento

Esempi d’inerzia ce ne sono molti (Esercizio: pensa ad un comportamento che si potrebbe cambiare nella tua organizzazione e a quali opposizioni sono emerse). Tuttavia, questi quattro sono già sufficienti per alcuni spunti su come migliorare il beneficio organizzativo della formazione.

Accoglienza - Creare una “situazione organizzativa” che sia favorevole alla sperimentazione ed al consolidamento dei nuovi comportamenti è lo spunto base per non vanificare l’utilità di un intervento formativo. Racchiude  e si articola in tutti gli altri che vedremo.

A. Costo Totale – Niente è gratis. Considerare che un cambiamento, oltre al costo del docente e delle ore non-lavorate dei partecipanti, comporta anche il costo del tempo necessario perché metodi, strumenti e comportamenti si consolidino nella pratica quotidiana. Oltre ai costi degli altri adattamenti che vedremo dopo

B. Scopo e Persistenza – Cosa voglio e quanto lo voglio. La motivazione che ci sostiene nell’impazienza del risultato è il valore che ci aspettiamo di ottenere. Quale prestazione operativa  voglio migliorare coi nuovi comportamenti, che vantaggi portano al business.
Se voglio che i miei collaboratori sappiano lavorare in team fra Progettazione, Fabbricazione e Post Vendita, è perché mi aspetto che la condivisione di obiettivi e scelte sia tale da contribuire a ridurre drasticamente: tempi di progetto, costi delle modifiche di prodotto,  costi delle rilavorazioni in fabbrica,  oneri dei reclami dai clienti, costi di penali/ garanzie.

C. Cultura dell’Innovazione - Un innovatore ci fa fare fatica verso la vetta. Un conservatore ci facilita l’andare a fondo. Oramai operiamo in un contesto turbolento e mutevole. Il mancato aggiornamento su quali sono i fattori chiave della competizione e su come usarli equivale a focalizzarsi sempre più su interventi correttivi, di emergenza. Aumentano costi e fatica, ma diminuisce l’efficacia. “Fare come abbiamo sempre fatto” ci abitua a cercare di restare a galla, mentre scivoliamo sempre più in basso nella graduatoria della competizione (ovvero “la rana nella pentola che si scalda”).

D. Coerenza organizzativa –  L’azienda è un sistema equilibrato, non un vecchio vestito che si rattoppa. I comportamenti influiscono sul contesto (e viceversa). Cambiare comportamenti comporta trasformare organizzazione, responsabilità, modi di lavorare, obiettivi, sistemi di valutazione e riconoscimenti. E’ quello che si intende quando, in modo sintetico, si dice che l’azienda è un Sistema: se ne modifico un aspetto o una caratteristica, anche tutto il resto ne risente.
Il nostro contesto operativo (persone/ mercato/ sociètà) in genere non è la fonte di problemi ed ostacoli. Il contesto genera le opportunità per una nostra maggiore efficacia. Sono le nostre incoerenza, volontà di forzare o di conservare che ne limitano le potenzialità (Rif.2), quando non accettano che il contesto sia un vero e proprio interlocutore autonomo, da ascoltare e con cui interagire.

E. Evoluzione dei  ruoli – Lo specialista, ed il suo capo, scendono dalla montagna. Il ruolo, compresa la professionalità, cambia al variare di organizzazione/ responsabilità/ obiettivi (vedi D).  Il cambiamento più rilevante è farsi carico degli impatti delle proprie attività su quelle altrui. Un progettista si preoccupa anche della producibilità, così come un tecnologo di fabbricazione della evoluzione delle tecnologie di prodotto. Inoltre, tutti dobbiamo farci carico della sempre maggiore importanza delle capacità relazionali per rendere organizzativamente efficaci i saperi tecnico-professionali

F. Condivisione – “Cosa me ne viene?”  Tutti i punti precedenti vanno condivisi con chi è coinvolto (presentati, discussi, accettati e concordemente messi in opera, con la gradualità dell’esperienza che si accumula). In tal modo, possono emergere con più chiarezza e tempestività dubbi ed eventuali obiezioni che l’organizzazione deve saper ascoltare e gestire.

Mentre si lavora sul cambiamento, le sacche di irriducibili emergono chiaramente. Analizzate, spesso evidenziano che buona parte e fatta di allineati a pochi che hanno, per varie ragioni, una grande influenza.

L’ultimo spunto da considerare è se veramente non possiamo fare a meno di questi pochi. Non è una questione di “fedeltà ad una storica collaborazione” o di rispetto per i contributi dati in passato. Proprio costoro sono venuti meno al patto, minando il miglioramento dell’organizzazione, per preservare (consciamente o meno) proprie rendite di posizione. Il costo della compliance alla normativa sul lavoro ed i fastidi che possono seguirne, per gestire queste situazioni, hanno un valore ben inferiore ai rischi che altrimenti si assume l’impresa.

La responsabilità primaria dell’imprenditore/ manager è verso le comunità che continueranno a beneficiare della sua organizzazione (collaboratori, clienti, fornitori, ecc.). Il suo non-agire in questi casi ne minaccia la sopravvivenza.

 

Domenico Famà, Gennaio 2018

 

Altre Letture

Rif.1   "Why Leadership Development Programs Fail?", P.Gurdjian, T.Halbeisen, K.Lane, McKinsey Quarterly January 2014 (su www.mckinsey.com/global-themes/leadership)

Rif.2    "Pensare l’Efficacia. In Cina e in Occidente”, F.Jullien, 2005, Ed.Laterza